STORIA
BOMBARDAMENTI AEREI ANGLO-AMERICANI
di Simone Guidorzi
Le prime incursioni aeree anglo-americane che interessarono i territori limitrofi al fiume Po sono riconducibili al 1944 e avevano come obiettivo centri logistici nemici, come ad esempio i depositi carburante. Successivamente i bombardamenti mirarono all’interruzione delle vie ferroviarie in punti nevralgici, come snodi, stazioni ed officine. Mercoledì 12 luglio 1944 scattò invece l’Operazione “Mallory Major” che dapprima ebbe lo scopo di distruggere mediante bombardamento diurno tutti i ponti stradali e ferroviari sul fiume Po e poi proseguì su più ampia scala. Vennero in seguito presi di mira dai bombardamenti quegli zuccherifici con annessa distilleria, in quanto l’alcol era un prodotto utilizzato sia nella preparazione della polvere da sparo, sia come ingrediente nei carburanti sintetici. Inoltre, solo pochi centri urbani furono direttamente oggetto di missioni di bombardamento, che ebbero come obiettivo depositi, in particolar modo di munizioni ed approvvigionamenti, oppure quartieri generali. Le operazioni di bombardamento furono compiute dall’United States Army Air Force (USAAF) con bombardieri medi North American B-25 Mitchell e Martin B-26 Marauder, che decollavano dapprima dalla Corsica e nell’ultimo periodo dalla Romagna, mentre i cacciabombardieri Republic P-47 Thunderbolt partivano dalla Toscana ed i North American P-51 Mustang e Lockheed P-38 Lightning prendevano dapprima il lungo volo dalla Puglia e negli ultimi frangenti dalla Romagna. La Royal Air Forces (RAF) utilizzò invece bombardieri medi Vickers Wellington, che decollavano anch’essi dalla Puglia e nel periodo finale dalla Romagna, e cacciabombardieri Supermarine Spitfire e Curtis P-40 Kittyhawk che partivano dall’Umbria, dalle Marche e dalla Romagna.
di Simone Guidorzi
A partire dal 1944, i cieli notturni dell’Italia centro-settentrionale iniziarono ad essere solcati da un velivolo con rombo inconfondibile. L’immaginario collettivo lo ricondusse ad un singolo apparecchio e, con chiaro riferimento alla sua nazionalità, lo soprannominò Pippo. In realtà Pippo era rappresentato da diversi apparecchi e per giunta anche di differenti modelli e nazionalità. Gli aerei in questione erano dei bimotore appartenenti all’USAAF (United States Army Air Force), alla RAF (Royal Air Forces) o alla SAAF (South African Air Forces) predisposti per compiere voli notturni. I modelli che vennero utilizzati a questo scopo furono Martin A-30 Baltimore, Douglas A-20 Havoc, Douglas A-26 Invader e Northrop P-61 Black Widow in dotazione all’USAAF e De Havilland DH98 Mosquito, Bristol Beaufighter e Douglas A-20 Boston in dotazione alla RAF e alla SAAF. Le missioni affidate a questo tipo di velivoli avevano il compito di pattugliare i territori nemici durante le ore di buio, intervenendo per obbiettivi di opportunità. Gli interventi potevano consistere in semplice lancio di bengala, oppure in azioni di mitragliamento e bombardamento. Non bisogna inoltre escludere che le sporadiche sortite notturne dei bimotore tedeschi Junkers JU88 della Luftwaffe potevano essere fonte ulteriore di equivoco.
di Simone Guidorzi
Fu costituita in Germania negli anni trenta dall’ingegnere Fritz Todt. L’organizzazione aveva lo scopo di costruire infrastrutture e sviluppò tecniche assai innovative per l’epoca. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale si espanse dalla Germania a tutti i paesi occupati, divenendo supporto essenziale allo sforzo bellico. Era incaricata della costruzione di installazioni militari di vario tipo, della riparazione dei danni provocati dai bombardamenti nemici e del potenziamento delle industrie utili ai fini bellici. L’organizzazione era di tipo militare e sfruttava il lavoro coatto di milioni di uomini, rappresentati da deportati, militari e civili che vennero reclutati forzatamente o sotto forma volontaria. Nei territori lungo il fiume Po l’organizzazione Todt operò soprattutto reclutando forzatamente civili, oppure offrendo, a chi poteva essere richiamato sotto le armi, la possibilità di evitare la renitenza, tramite l’adesione volontaria a far parte dell’Organizzazione. I lavoratori furono impiegati nella costruzione di numerose postazioni lungo canali di bonifica ed in alcuni casi in prossimità di grosse corti coloniche. Queste postazioni vennero costruite lungo gli argini meridionali, a distanza di alcune centinaia di metri le une dalle altre. Il lavoro consisteva nel praticare buche di alcuni metri nel terreno, rinforzandone le pareti di terra con tronchi di giovani alberi requisiti nei fondi agricoli circostanti. Con alcuni di questi tronchi si dotava la postazione interrata di un tetto, che a volte veniva ricoperto con lamiere ondulate o cartone catramato, per evitare infiltrazioni d’acqua, il tutto, infine, era mimetizzato con zolle erbose di terreno. Sovente venivano munite di rudimentali porte. La funzione di queste postazioni era di deposito, soprattutto di munizioni, che dovevano servire alle truppe tedesche durante eventuali ripiegamenti del fronte. Solo negli ultimi periodi furono predisposte linee di trincea sulle isole e lungo la sponda settentrionale del fiume Po, ma non si arrivò mai a costituire una vera e propria linea difensiva.
I TRAGHETTI MILITARI GERMANICI SUL FIUME PO
di Simone Guidorzi
A seguito della distruzione dei ponti e dei traghetti civili sul fiume Po, operata dalle incursioni anglo-americane, furono dislocati lungo il fiume numerosi reparti appartenenti al Genio Militare, sia germanici che della Repubblica Sociale Italiana. Questi ebbero il compito di costruire, riparare e mantenere traghetti preposti all’attraversamento del fiume; i traghetti risultavano assai meno visibili all’aviazione nemica rispetto ai preesistenti ponti. I comandi militari suddivisero il fiume Po in diversi tratti, che passarono sotto la competenza di guarnigioni di truppe miste, costituite da tedeschi ed italiani. Con il passare del tempo anche i traghetti divennero obbiettivi ambiti dagli aerei anglo-americani, infatti, a causa dell’accanimento alleato, nell’aprile ’45 gran parte dei traghetti non poterono essere utilizzati durante la ritirata germanica perchè risultarono fuori uso. Le frequenti incursioni costrinsero ad un utilizzo quasi esclusivamente notturno ed, addirittura, in alcune località fu previsto lo smantellamento del traghetto all’alba e la ricostruzione al tramonto. Per contrastare gli attacchi aerei anglo-americani, i più importanti siti di attraversamento furono difesi mediante la dislocazione di diverse batterie contraeree sotto il comando della Flak tedesca. Il traffico di mezzi con i rifornimenti destinati al fronte italiano fu spesso intenso: in una sola notte si poteva assistere anche al passaggio di diverse decine di mezzi pesanti. L’attraversamento veniva regolato da militari che utilizzavano lampade semaforiche, illuminate con diverso colore a seconda della presenza o meno nel cielo di aerei nemici.
L’ATTRAVERSAMENTO GERMANICO DEL FIUME PO
di Simone Guidorzi
Tra il 20 ed il 24 aprile 1945 il grosso dei reparti germanici giunse al fiume Po a seguito del ripiegamento dall’Appennino settentrionale e dalla Romagna. Compresi in tali reparti vi erano anche soldati italiani, che potevano risultare direttamente arruolati tra le fila tedesche, solo aggregati in quanto appartenenti alla Repubblica Sociale Italiana, o indipendenti e semplicemente affiancati ai tedeschi. L’ormai schiacciante supremazia dell’aviazione anglo-americana costrinse le truppe in ritirata a movimenti quasi esclusivamente notturni e a celare, durante il giorno, uomini e mezzi sotto la vegetazione ed all’interno degli edifici. L’arrivo al fiume Po e la mancanza di sufficienti mezzi di attraversamento costrinse i reparti germanici a distruggere tutto il materiale pesante che non poteva essere portato a nord del fiume e che poteva ritornare utile al nemico. Numerosi incendi ed alte colonne di fumo caratterizzarono, in questo periodo, i territori lungo la riva meridionale del fiume Po. L’attraversamento avvenne, per i più fortunati, sfruttando i pochi traghetti e le imbarcazioni a disponibili, ma in molti casi a nuoto o utilizzando tutto ciò che di galleggiante venne racimolato. A questo scopo si utilizzarono camere d’aria estratte dalle ruote dei veicoli, taniche e barili, assi e materiale vario in legno, mastelle per il bucato e numerosi altri oggetti che venivano rapidamente presi senza nessun criterio di opportunità; l’obbiettivo era la disperata volontà di raggiungere la riva opposta.
di Simone Guidorzi
La sera del 20 aprile 1945 oltre 200 paracadutisti italiani, trasportati da velivoli Douglas C-47 Dakota statunitensi decollati da Rosignano (Li), furono impiegati nell’operazione di aviolancio “Herring No. 1”. Il compito di questi paracadutisti fu di creare scompiglio tra le forze germaniche in ritirata e venne pianificato il lancio nei territori compresi tra Poggio Rusco (Mn), Sermide (Mn), Vigarano Mainarda (Fe), Poggio Renatico (Fe) e Mirandola (Mo), cioè le zone più interessate dal ripiegamento germanico. A causa della contraerea nemica e di una lieve brezza da est, molte squadre di paracadutisti non atterrarono sugli obiettivi previsti. Questo portò in molti casi ad intraprendere lunghe marce notturne per raggiungere gli obiettivi prefissati oppure ad accontentarsi di obiettivi di circostanza. Nonostante la tragica fine di diversi paracadutisti in località Dragoncello di Poggio Rusco e di altri vari commilitoni in altre zone, l’Operazione “Herring No. 1” riportò anche successi.
L’AVANZATA ANGLO-AMERICANA NEI TERRITORI DEL FIUME PO’
di Simone Guidorzi
Per tutto l’inverno ’44-’45 le Divisioni anglo-americane furono costrette a mantenere posizioni difensive lungo l’Appennino settentrionale ed in Romagna. Solo a primavera la situazione si sbloccò ed a partire dal 20 aprile 1945 l’avanzata incominciò ad interessare i territori della valle del fiume Po. Le truppe anglo-americane risultavano formate da soldati provenienti da molte nazioni: Stati Uniti d’America, Gran Bretagna, Brasile, Sudfrica, Nuova Zelanda, India, Nepal ed italiani inquadrati nel Corpo di Liberazione Italiano oppure a supporto logistico, come le compagnie “Pack Mule”. L’avanzata anglo-americana risultò assai rapida grazie alla progressiva diminuzione di approvvigionamenti alle linee nemiche ed all’appoggio dell’aviazione che poteva godere della pressoché completa supremazia nei cieli. L’avvicinamento al fiume Po fu caratterizzato sempre più da episodi di distruzione e di abbandono di mezzi ed equipaggiamenti, che trovarono il loro apice lungo la riva meridionale del fiume. Inoltre le retroguardie dei reparti tedeschi in ritirata furono decimate da numerose rese e diserzioni. L’arrivo al fiume dei contingenti anglo-americani non fu omogeneo e si concentrò nei giorni 22, 23 e 24 aprile 1945. Per il superamento del fiume furono utilizzati, in un primo tempo, imbarcazioni d’assalto e poi traghetti, pontoni e mezzi anfibi, come Dukw, Lvt-4 Amtracs ed alcuni M-4 Sherman DuplexDrive, ma fu in seguito agevolato dalla costruzione di ponti, come i classe 9 tipo Treadway, i classe 20 tipo Pontonbridge ed i classe 40 tipo Bailey.
DIVISIONI MILITARI CHE COMBATTERONO NEI TERRITORI DEL FIUME PO
di Simone Guidorzi
DIVISIONI REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA
1ª Divisione Controcarro e Contraerea “Etna” | ||
Divisione “Decima” |
DIVISIONI TEDESCHE
DIVISIONI REGNO D’ITALIA COBELLIGERANTE
Cremona Combat Group (Gruppo di Combattimento “Cremona”) |
DIVISIONI BRITANNICHE
2 New Zealand Division (2ª Divisione di Fanteria Neozelandese) | ||
6 Armoured Division (6ª Divisione Corazzata) | ||
6 South African Armoured Division (6ª Divisione Corazzata Sudafricana) | ||
8 Indian Infantry Division (8ª Divisione di Fanteria Indiana) | ||
56 Infantry Division (56ª Divisione di Fanteria) | ||
78 Infantry Division (78ª Divisione di Fanteria) |
DIVISIONI AMERICANE
1st Armored Division (1ª Divisione Corazzata) | ||
10th Mountain Division (10ª Divisione da Montagna) | ||
85th Infantry Division (85ª Divisione di Fanteria) | ||
88th Infantry Division (88ª Divisione di Fanteria) | ||
91st Infantry Division (91ª Divisione di Fanteria) |
di Simone Guidorzi